Difficile da digerire. Quello che andrò a scrivere. Quello che ho già scritto. Quello che immaginate scriverò. L’immagine stessa.
Eppure io la amo questa cipolla, patinata, rivestita, avvolta e pur sempre accoccolata dentro tutti i suoi modi di essere cipolla: “cebulowa do rdzenia” poetava la Szymborka, “cipollosa fino al cuore” traduceva il Marchesani.
Mamma mi chiamava per la cena, quando riusciva a esserci, tra una guardia medica e una chiamata d’urgenza, e spesso capitava che il menu della serata proponesse una tazza di tè nero (immancabile) e un paio di fette di pane e burro (mio amato) con della cipolla a fette. La scusa ufficiale era l’assunzione alternativa di vitamina C. La realtà era una nostalgia infinita della Polonia che la portava a coinvolgermi in questi improbabili (per chi mi stava accanto!) pasti serali, per me nel tempo diventati rituali caratterizzanti della mia metà esteuropea.
La mia natura cipollosa è tangibile da sempre: soffritti, marmellate, composte, insalate. Sorrisi, abbracci, parole.
A pensarci bene tutto, nella mia vita, si riconduce alla cipolla. I sapori dell’infanzia, i ricordi dei miei 2 mondi d’appartenenza, il mio essere stratificato che solo chi non ha paura degli effetti collaterali si spinge a sbucciare e sfogliare fino al cuore. Ed è lì che trovate il buono. Quel sapore intenso che amplifica la bontà dei piatti. Quell’intensità che avvolge.
E allora, timorosi della cipolla, non fatevi sopraffare dalle paure e dagli effetti collaterali. Se saprete osare, vedrete che poche cose nella vita daranno soddisfazione come la cipolla.
Pani Wyslawa lo sapeva benissimo.
La cipolla
La cipolla è un’altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.
In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d’inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla – cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.
Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell’una ecco sta l’altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un’eco in coro composta.
La cipolla, d’accordo:
il più ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi – grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi resta negata
l’idiozia della perfezione.
Dedicata a tutti quelli che “no, io la cipolla no… sono intollerante!” #tmk